Sabato è arrivata la sconfitta contro il Carpi: cosa ha fatto la differenza?

Il diverso atteggiamento delle due squadre: fino alla partita precedente il Toro aveva sempre provato a mettere in difficoltà i propri avversari con le proprie armi, sabato invece non c’è stato lo spirito giusto per battere una squadra motivata come il Carpi. La sufficienza e la poca determinazione sono state pagate a caro prezzo.

 

Non è la prima volta in questa stagione che il Toro fatica con squadre di medio-bassa classifica.

Io considero Chievo e Hellas delle formazioni di tutto rispetto. Quest’anno il campionato è molto livellato: se tutte le squadre non entrano in campo con un atteggiamento propositivo, è chiaro che la formazione avversaria prevale, pur avendo magari meno qualità. Questa è un po’ la differenza tra questo campionato e quelli passati. Anche le squadre più quotate, se non mettono la giusta attenzione in campo, fanno fatica contro tutti: la Juve ha pareggiato in casa contro il Frosinone e lo stesso si può dire del Napoli contro il Carpi.

 

Molti tifosi non hanno gradito la scelta di mettere in campo contemporaneamente Gazzi e Vives. Concorda?

Può essere una chiave di lettura, perché sono due giocatori di caratteristiche diverse che da un po’ di anni a questa parte interpretano lo stesso ruolo. Tuttavia non credo che un singolo giocatore possa aver fatto la differenza, anche se è una scelta che per certi versi può essere discutibile, soprattutto per l’esclusione di Acquah dall’undici di partenza.

 

Lei è d’accordo sulla scelta di Ventura di insistere sempre sullo stesso modulo?

Capisco le critiche di alcuni, ma fondamentalmente quando qualcuno ha le proprie convinzioni e soprattutto ottiene dei risultati importanti, acquista sempre più certezze riguardo alle proprie idee di gioco. Non credo sia il modulo a cambiare le sorti di una partita, ma l’atteggiamento degli interpreti. Io ho notato che le due punte non erano mai in verticale e sempre piatti, non dando mai un segnale di movimento a chi aveva la palla. Credo quindi che le maggiori difficoltà non siano arrivate dagli interpreti di centrocampo, ma dai movimenti degli attaccanti.

 

Quanto pesano i tanti infortuni?

Pesano eccome: se tutto va per il verso giusto, le squadre hanno sicuramente più probabilità di fare un campionato di vertice. La rosa del Toro è ben attrezzata, ma bastano tre o quattro infortuni per rischiare di incappare in qualche prestazione negativa. Credo, però, che il Toro alla fine possa fare il campionato che gli compete, con sicuramente maggiore qualità rispetto alla passata stagione. Nel momento in cui si recupererà qualche giocatore e si ritroverà l’umiltà vista prima della partita contro il Carpi, il Toro potrà dire la sua in questo campionato.

 

Quali devono essere i reali obiettivi del Toro?

Il campionato è molto livellato. Se dicessi che tutti lo possono vincere mentirei, ma i granata possono giocarsi sicuramente i primi tre posti. Il Toro deve puntare al massimo perché non ha nulla da perdere e non deve preoccuparsi della retrocessione: l’intelaiatura di gioco è collaudata, l’allenatore è preparato e ha saputo dare continuità, e la società è finalmente solida.

 

Quale giocatore le è piaciuto di più, fino ad ora?

Io vedo sempre in Quagliarella un giocatore molto determinato. Anche in questo campionato è partito molto bene e può garantire sempre 13 o 14 gol: sarebbe difficilissimo fare a meno di lui. Credo che sia il giocatore che abbia dato il contributo maggiore in questo inizio di campionato.
Tra i più giovani mi piace molto Benassi, perché è un centrocampista completo per caratteristiche e lo stesso vale per Baselli, che ha ancora grandi margini di miglioramento. Mi ha impressionato molto anche Avelar: lui e Bruno Peres sulle fasce garantiscono grande qualità e quantità e costituiscono uno dei punti di forza di questo Toro.


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